Se esiste una cosa su cui sembriamo essere convinti è il ricordo delle nostre esperienze passate, le avventure e le disavventure avvenute, soprattutto quelle che arrivano da molto lontano. Eppure anche nei ricordi più nitidi si insinua spesso il dubbio se essi siano davvero avvenuti o quantomeno se esattamente così come noi li ricordiamo.
Quante volte è capitato di discorrere con un amico di infanzia ed accorgerci che gli eventi che si ricordano differiscono, anche di molto, l’uno dall’altro? Eppure si era assieme nel momento in cui quell’episodio di vita stava accadendo.
Ebbene la nostra memoria (o meglio “le memorie”) non è così infallibile come la percepiamo.
Ormai diversi studi hanno verificato come il cervello tenda a “coprire” gli inevitabili vuoti di memoria legati ad un evento con immagini e agiti che in realtà non sono mai avvenuti. Questo perché vi è la tendenza a dover ricollegare le nostre esperienze in un racconto unico e coerente, anche a scapito della realtà oggettiva.
Quello dei falsi ricordi è un fenomeno molto studiato soprattutto in giovane età.
I bambini hanno la tendenza e la facilità a credere realmente avvenuti degli episodi di vita che non sono mai esistiti, semplicemente ascoltando i resoconti di adulti, o traslando la propria attività immaginativa nella vita reale, se colgono degli elementi attinenti ad essa nel contesto quotidiano.
I falsi ricordi possono essere generati dalla combinazione di episodi vissuti e le suggestioni di altri su quello stesso episodio. Per questo, soprattutto in criminologia, il tema può prendere una piega alquanto pericolosa: i testimoni di un crimine, ad esempio, pur se del tutto in buona fede, colmano spesso le lacune dettate da una esposizione spesso breve e inaspettata di un avvenimento, con falsi particolari.
Oppure, ci si ricorda di eventi traumatici che in realtà non sono mai avvenuti: celebre è il caso americano di una donna che in terapia aveva cominciato a ricordare una serie di abusi poi verificatesi totalmente infondati.
Certamente più l’episodio è legato a fatti emotivamente carichi, più sarà soggetto a distorsioni e quindi maggiore dovrà essere l’attenzione nel maneggiare tale materiale in tutti i campi ove questo è richiesto, incluso la terapia.
Naturalmente è bene non farsi prendere dal panico. Certamente quello che la vostra mente ricorda è attendibile in un buona percentuale e soprattutto vale la portata affettiva di quella esperienza rimasta impressa nella mente, più che la veridicità dei suoi particolari.
D’altra parte, vero è che qualche volta i nostri ricordi non sono poi così chiari come sembrano e che i falsi ricordi fanno parte del bagaglio mnemonico di ognuno di noi.
Buonasera Dott.ssa, sono Marzio.
Bellissimo articolo !
Avrei interesse di chiederLe in merito, se posso: ricordi “falsati” si basano su piccole falsità del ricordo stesso? Un vestito di un colore anziché di quello da noi ricordato, dei fiori diversi da quelli che ci si ricorda ecc?
Gli avvenimenti a noi felici dalla nostra mente immagazzinati e che ancora oggi, ricordandoli, ci rendono felici e nostalgici, valgono quindi la portata delle nostre emozioni? Per “valgono” intendo l’attendibilità degli stessi. Poi che un colore in realtà ai tempi fossi diverso da quello che si ricorda poco importa 🙂
Grazie tante Dott.ssa
Marzio
Gentile Marzio,
grazie per l’apprezzamento. Proprio come dice, l’attendibilità dei ricordi vale quanto le emozioni provate, soprattutto se si considera che da bambini si usa in modo prevalente l’emisfero destro. Quindi si registrano gli eventi filtrati da ciò che si prova e che si sente nel corpo. Per questo non si fissa visivamente e in modo analitico quello che si è visto, ma piuttosto le gioie o le sofferenze provate; poco importa se abiti o luoghi o addirittura persone siano state proprio lì e in quel modo preciso.