La Fibromialgia è stata a lungo (e in parte lo è ancora oggi) una malattia misconosciuta e sottostimata. Vi è una grande disinformazione attorno a questo complesso e doloroso stato patologico e, la maggior parte delle volte, dopo una diagnosi di questa natura, il paziente viene lasciato solo con il proprio “dolore” fisico e le sue conseguenze, che invadono tutte le aree della propria esistenza.
Che cosa è esattamente la Fibromialgia?
Si tratta di una sindrome dolorosa molto complessa caratterizzata da un dolore persistente muscolo-scheletrico diffuso, associato a “fatica cronica”, sonno non ristoratore, disturbi d‘ansia e depressivi, disturbi dell’attenzione e della concentrazione. Questo stato sintomatologico porta ad una comprensibile compromissione della qualità della vita.
Spesso vi è difficoltà nell’arrivare ad una diagnosi e la gran parte dei pazienti che ne è affetta non viene riconosciuta come tale. Pur tuttavia recenti statistiche la indicano ai primi posti tra le malattie reumatiche. Questo accade perché all’esame obiettivo o ai controlli radiologici e di laboratorio non si riscontrano alterazioni significative.
Proprio da questa difficoltà nell’approdare ad una diagnosi chiara, parte del dramma vissuto dalle persone che ne sono affette è legato alla difficoltà nel farsi comprendere e riconoscere come malati: familiari, amici e non infrequentemente lo stesso medico di famiglia, possono dubitare dell’esistenza di un disturbo, contribuendo ad alimentare, nel paziente, vissuti di isolamento, senso di colpa e rabbia.
Quali sono le origini della fibromialgia?
L’eziopatogenesi della fibromialgia fa ancora molto discutere e sono tante le ipotesi. Ad oggi sembrerebbero coinvolti molti fattori e non solo uno scatenante.
Alcune teorie ipotizzano un ruolo nella genetica che suggerirebbe una componente ereditaria; altri indicano cause probabili in eventi traumatici di natura fisica (soprattutto incidenti che interessano le aree della nuca, collo e spina dorsale); una deficienza nella produzione di serotonina ed endorfine nel cervello, che assieme contribuirebbero ai problemi di debolezza muscolare e sensibilità al dolore; problemi ormonali.
In questa complessa cascata di cause papabili, il ruolo dei fattori psicologici ad oggi acquista una posizione di gran rilievo nello studio della genesi della fibromialgia. Soprattutto una condizione di elevato e prolungato stress è ipotizzata come fattore scatenante decisivo: esso può aumentare la predisposizione a condizioni infiammatorie, alla disregolazione ormonale e all’abbassamento delle difese immunitarie. Lo stress incide inoltre sul ciclo del sonno-veglia e questo può compromettere la salute e la percezione della soglia del dolore, che può portare ad una condizione di dolore cronico. Dunque di particolare interesse è ricostruire la storia degli eventi stressanti che la persona ha affrontato in tutto il suo percorso di vita: storie traumatiche e possibili situazioni critiche diventano molto importanti nello studio delle cause che hanno portato la persona a sviluppare la malattia.
Quali sono le possibili cure?
Poiché le origini della fibromialgia rimangono ancora da definire, non esiste una terapia risolutiva riconosciuta. Tuttavia le maggiori conoscenze dei suoi meccanismi fisiopatologici hanno consentito di affinare i trattamenti sintomatici, che utilizzano assieme sia terapie farmacologiche e non farmacologiche: terapie fisiche, tecniche di rilassamento, terapie psicologiche, in un approccio preferibilmente integrato.
Appare quindi fondamentale un programma terapeutico interdisciplinare, basato sulle tecniche psicoterapeutiche, sulla programmazione di un esercizio fisico regolare non massimale, sull’uso di farmaci e di altre tecniche di provata efficacia.
In questo contesto, il trattamento psicoterapeutico contribuisce a migliorare molti aspetti connessi a questa patologia, con una significativa riduzione del dolore per intensità e frequenza. La psicoterapia favorisce l’analisi dell’emotività in relazione alla presenza di possibili traumi, abusi, conflitti e problemi di relazione; aiuta a riflettere sui vissuti e sulla storia personale costruendo una “nuova regia”, nuove angolature dalle quali rileggere quanto accaduto e quanto succede. L’obiettivo è di riscoprire le proprie priorità, i bisogni inascoltati e dargli voce rendendo così possibile la creazione di nuovi schemi comportamentali e strategie da poter mettere in atto, più funzionali al proprio benessere.
A tal proposito, uno strumento terapeutico molto utile a coadiuvare il trattamento della fibromialgia, soprattutto a supporto della gestione del “dolore”, è l’ipnosi. Questo tipo di terapia può essere di grande aiuto nell’alleviare il dolore, nel modulare positivamente ansia e depressione, migliorare la qualità del sonno e della vita in generale. Unitamente all’autoipnosi, offre al paziente la possibilità di autocontrollo della propria sofferenza e di conseguenza aumentare il senso di autoefficacia.
In conclusione, data la peculiarità di questa condizione patologica, vi è forte il rischio che la persona si senta isolata e incompresa nella sua sintomatologia e quindi aumenta forte il rischio di sviluppare depressione e stati ansiosi che, in un circuito che si auto-alimenta, peggiorano inesorabilmente lo stato di salute. Per questo motivo è bene che si segua un percorso psicoterapeutico in grado di aiutare la persona a gestire, spiegarsi e quindi poter spiegare la sua situazione, in modo da arginare al minimo e aiutare a superare questa difficile condizione clinica.