Nel lavoro clinico con genitori e bambini spesso ci capita di accogliere adulti preoccupati e provati dalla fatica che sperimentano al momento del distacco con i loro figli. Ci raccontano di situazioni come l’ingresso a scuola la mattina, il momento della buonanotte o semplicemente di quando li lasciano da nonni e baby-sitter per andare al lavoro o per una serata di svago. Nei racconti di questi genitori emerge il loro forte senso di impotenza di fronte a pianti inconsolabili, urla, bambini che si aggrappano e impediscono fisicamente al genitore di potersi allontanare. Molte di queste persone arrivano in consulenza alla ricerca di strategie più efficaci e nel desiderio di comprendere cosa dia origine all’ansia da separazione del proprio figlio.
Ma quando queste forme di ansia da separazione fanno parte della fase evolutiva attraversata dal bambino e quando invece è opportuno chiedere sostegno ad un professionista?
Sicuramente è importante tenere a mente che un certo livello di ansia da separazione è sano e fa parte del normale sviluppo psicologico fino ai 6 anni di età. In questa fase di grandi scoperte, infatti, il bambino può a volte sentirsi vulnerabile o in ansia, cercando nei genitori rassicurazione e vicinanza, sia fisica che emotiva. In alcuni momenti, quindi, la comparsa di uno stato di ansia da separazione è strettamente legato alla fase evolutiva che il bambino sta vivendo o a particolari momenti di vita, come l’ingresso a scuola, l’arrivo di un fratellino o un trasloco.
Nei casi in cui invece ci troviamo di fronte a situazioni anomale, spesso abbiamo a che fare con eventi traumatici o particolarmente stressanti: il lutto di un genitore o un parente, un incidente, un’ospedalizzazione o un allontanamento da casa, una malattia o successivamente alla separazione dei genitori.
Oppure, in casi meno ovvi dove le cause sono meno evidenti di quelle traumatiche, è lo stile di attaccamento del genitore a costituire un fattore importante nel possibile sviluppo di un disturbo d’ansia da separazione nei bambini. Lo stile di attaccamento rappresenta la modalità con cui il genitore si prende cura del piccolo, offre conforto fisico ed emotivo, sostenendone contemporaneamente l’autonomia e l’esplorazione. In questo caso, essere iperprotettivi può inibire la naturale predisposizione all’esplorazione e creare dunque ansia nel bambino ogni qual volta sente il bisogno naturale al distaccarsi; oppure atteggiamenti ambivalenti di grande attenzione che si alternano a momenti di distacco, possono creare dubbi e ansie nel bambino e una paura dell’abbandono, dovuto alle incerte risposte che riceve dall’ambiente di accudimento. Si capisce dunque come sia importante la consulenza in questi casi, per aiutare i genitori, senza allarmare o colpevolizzare, a comprendere queste dinamiche e correggerle per ottenere di nuovo un ambiente sicuro per il bambino da cui poi sono anche gli adulti a trarre giovamento.
Non è raro apprendere in consulenza come i genitori dei bambini che arrivano da noi per questa problematica, abbiano a loro volta sofferto nell’infanzia delle stesse difficoltà relazionali ed emotive e spesso inconsapevolmente si trovano a replicare le stesse modalità semplicemente perché non ne conoscono altre.
Quando questi stati ansiosi sono sintomi di un disturbo di ansia da separazione?
I bambini con disturbo di ansia da separazione mostrano un insieme di sintomi riconducibili ad un’eccessiva paura o ansia relativamente alla separazione da casa o dalle figure importanti; si sentono preoccupati o agitati ogni volta che si devono allontanare, anche per eventi piacevoli o semplicemente quando anticipano mentalmente il momento del distacco.
Tra i sintomi fisici che possono indicare un disturbo d’ansia da separazione possiamo notare: mal di pancia, vomito, battito cardiaco accelerato, difficoltà a respirare, mal di testa o altri sintomi legati all’incapacità di gestire l’ansia e la preoccupazione.
Per quanto riguarda invece i sintomi cognitivi, dai racconti dei bambini emergono una serie di paure irrazionali: di essere rapiti, dimenticati a scuola, coinvolti in incidenti, di trovarsi in difficoltà e non avere accanto qualcuno di aiuto oppure che qualcosa di terribile possa capitare ai propri cari. Frasi comuni pronunciate dai bambini in questo senso possono essere: “E se poi vengono dei ladri e mi rapiscono?” oppure “Se mamma andando al lavoro fa un incidente e muore?”.
Quello che potremo osservare sarà quindi una crescente difficoltà a separarsi (aggrappandosi ai genitori nel tentativo di mantenerli vicini), oppure scatti di rabbia, urla e pianti inconsolabili come comportamenti di protesta alla separazione o man mano che il momento di salutarsi si avvicina. Un altro indice importante è la comparsa di disturbi del sonno: difficoltà ad addormentarsi da soli; incubi relativi a incidenti o morti. Infine, possiamo riscontrare comportamenti di ritiro sociale ed evitamento, per cui il bambino inizia a rifiutarsi di andare a trovare gli amici, di partecipare a feste o a momenti di gioco, pur di non allontanarsi da casa.
Questi atteggiamenti rappresentano quindi dei segnali d’allarme importanti per il disturbo di ansia da separazione per cui è opportuno richiedere un aiuto professionale.
E il genitore di un bambino con un disturbo d’ansia da separazione come vive tutto ciò?
Avendo elencato i sintomi presenti nel bambino è utile anche fermarsi ad analizzare la posizione del genitore, che spesso in queste situazioni si sente in difficoltà nel capire come intervenire, sperimentando un continuo senso d’impotenza.
Spesso questi genitori sentono una forte ambivalenza tra il desiderio di voler aiutare il proprio figlio nel gestire la sua ansia e la propria frustrazione e rabbia nel sentirsi bloccati in questa dinamica. La sensazione è di essere controllati dai propri figli, arrivando a vivere con colpa o timore il momento del distacco, consapevoli e timorosi della sintomatologia che si andrà ad attivare.
É importante anche sottolineare come la presenza di traumi personali nella storia di vita del genitore o del bambino rappresentano dei fattori che possono rendere più difficoltosa la separazione, poiché i vissuti relativi all’evento traumatico potrebbero inconsapevolmente far vivere il distacco come una minaccia alla relazione o un passaggio doloroso. In questi casi bisogna potersi prendere uno spazio per un lavoro psicologico specifico sul trauma.
Come aiutare un bambino con un disturbo di ansia da separazione?
Innanzitutto la cosa più importante è offrire al bambino uno spazio in cui parlare di quanto sta capitando, spiegando che ciò che sente è normale: è il modo in cui sta esprimendo una difficoltà e insieme potrete trovare nuove strategie valide per gestirla.
Per un bambino che soffre di disturbo di ansia da separazione è utile poter dare un nome a ciò che vive e collegarlo con la sua storia. Contenendo e dando senso ai vissuti dei propri figli, passiamo loro il potente messaggio che se ne può parlare e prendersene cura.
È utile anche che il genitore riconosca l’impatto emotivo che questi comportamenti del figlio hanno su di lui e sulla sua identità genitoriale e senso di efficacia. Anche parlando dei propri sentimenti ambivalenti le mamme e i papà si danno uno spazio in cui dare senso a ciò che sentono e trovare modalità più funzionali per gestirlo.
Il sostegno di un professionista è importante per lavorare sia con i genitori (con interventi di psicoeducazione e sostegno alla genitorialità), che con i bambini (in un percorso mirato ad aiutarlo nello sviluppare strategie per la gestione dell’ansia o, nei casi di situazioni legate ad episodi traumatici, nell’elaborazione dell’accaduto).
In conclusione, per i bambini che vivono questa difficoltà è importante ricordare che spesso il sintomo è la soluzione migliore che la persona ha trovato per dare voce a un bisogno altrimenti inascoltato ed è dunque fondamentale allenarsi a individuare tali sintomi per essere pronti ad accogliere i segnali di aiuto che in questo caso i più piccoli ci stanno inviando.