Amare è una delle esperienze più gratificanti e quindi ricercate dall’essere umano. Allo stesso tempo il rischio intrinseco al darsi in una storia d’amore è quello di venire feriti, soffrire, provare dolore.
Nonostante ciò, alla fine di ogni storia, dopo un periodo di sano “lutto”, si è in genere nuovamente predisposti a correre il rischio. Questo perché uno dei bisogni di base biologicamente e psicologicamente riconosciuti è proprio quello dell’ altro.
Non è semplice definire una buona base per una relazione sana e duratura, ma in linea di massima possiamo certamente dire che un legame d’amore equilibrato è auspicabile quando si parte con una buona struttura di sé, ovvero con una buona autostima. Amarsi, avere una discreta consapevolezza delle proprie capacità, fiducia e sicurezza nelle qualità personali, è indubbiamente un punto di partenza fondamentale per mirare ad allacciare rapporti interpersonali forti e duraturi.
Alcune persone, con una particolare struttura di personalità – statisticamente parliamo per la gran parte di donne – tendono a stabilire invece rapporti di pericolosa dipendenza affettiva: ovvero, una struttura di personalità fragile, con bassa autostima, tendente alla auto-colpevolizzazione che tende ad entrare in relazione con un approccio remissivo.
La persona si sente quasi sempre responsabile per ogni scontro e viene costantemente assalita da sensi di colpa. Il senso di inferiorità conseguente alla bassa stima di sé è responsabile della passività con la quale si interagisce con il partner, rinunciando spesso allo scontro o a richieste per sé che sono ritenute quasi superflue.
La bilancia che equilibra il rapporto amoroso pende considerevolmente dalla parte del partner più “forte” e la persona insicura coinvolta si dà totalmente all’altro chiedendo poco o nulla in cambio. Questo squilibrio può tendere ad innescare un pericoloso circolo vizioso: la persona, non potendo fare forza su una buona immagine di sé, annulla i suoi bisogni a favore di quelli dell’altro poiché pensa di non avere da offrire granché; l’altro prende e chiede ancora, senza sentire di dover fare nulla di più. La persona più fragile di contro accumula una grande frustrazione, poiché comunque bisognosa anch’essa, ma impossibilitata a chiedere.
Queste persone solitamente hanno problemi con il definirsi e si aspettano che siano gli altri a farlo, a prendersi cura di loro. Il prezzo da pagare e smettere di chiedersi chi sono, cosa provano o di cosa hanno bisogno. Semplicemente lasciano che sia l’altro a “provare”, “definire”, “decidere” per se stesse. I vantaggi secondari sono il lasciare che sia l’altro ad assumersi le responsabilità delle scelte e della gestione di sé.
In queste situazioni, ad incastrarsi con le persone fragili e bisognose di affetto, abbiamo solitamente una persona forte, narcisista, incline a stabilire rapporti soggioganti da cui trarre le proprie soddisfazioni, senza curarsi di quelle del partner (per un approfondimento si rimanda alla lettura del seguente articolo –> Il disturbo narcisistico di personalità: Narciso, lo specchio e le sue fragilità). Questi rapporti sono altamente a rischio poiché i maggiori responsabili di quelle relazioni che sfociano in abusi fisici e verbali.
Alla base di questa dipendenza affettiva, vi è il terrore dell’abbandono, che diventa conferma della pessima immagine che la persona ha di sé e di cui è convinta.
Va precisato che ogni rapporto amoroso implica una dipendenza. Quello che rende la dipendenza una dipendenza affettiva e quindi non propriamente sana per sé, è il totale disconoscimento della propria persona all’interno del rapporto – emozioni, pensieri, desideri.
Quando questo accade ci si sente indegni persino di chiedere qualcosa, fino all’essere incapaci di slegarsi dai rapporti in cui ci si trova. Si perde così la libertà di scegliere il bene per sé, poiché di sé si pensa tutto il male del mondo, mentre l’altro viene idealizzato e diventa intoccabile.
Quando ciò accade e ci si rende conto di trovarsi in una sorta di gabbia auto-costruita è importante ragionare e lavorare sulla immagine e sul senso di colpa e provare a rinforzare la prima e annullare la seconda.
In questi casi in particolare, un supporto terapeutico può essere di grande aiuto, così come gruppi di sostegno che possano fornire esempi e condivisioni di esperienze simili e dare utili spunti per uscire da situazioni spesso sentite come vicoli ciechi.