Il suicidio è un tragico escamotage che porta la persona a togliersi la vita come soluzione estrema ad una situazione critica esistenziale che sta attraversando.
Questa situazione critica può essere insorta in breve tempo e dipendere da eventi traumatici (lutti, collassi finanziari, rotture di relazioni, licenziamenti e così via) oppure ha origine da una condizione mentale specifica da cui non si riesce ad uscire e che può protrarsi a distanza di tempo ( ad esempio una lunga storia di depressione).
Fatta questa premessa, è doveroso chiarire subito che il suicida non soffre sempre di depressione, ma altre possono essere le cause o le patologie che si intersecano – disturbi di personalità o psicosi per fare un esempio.
Quello di cui è certamente portatore il suicida è uno stato di disperazione devastante da cui sente di non avere scampo.
Dunque, è bene specificare che quando si parla di suicidio è molto difficile centrare le cause precise poiché diversi sono i fattori che entrano in gioco quando si parla di esso.
Si possono certamente individuare una serie di variabili che ritornano nel quadro suicidario e che possono aiutare nell’individuazione e prevenzione di situazioni a rischio, ma non sono sufficienti a dare un motivo chiaro che possa fornire una ragionevole certezza sulla sua genesi.
Caratteristiche principali
Ad influenzare l’identikit di un possibile o meno aspirante suicida vi è la personalità e le differenze di ciascun individuo; la situazione relazionale e sociale; lo stato cognitivo ed emotivo della persona; ed eventi negativi di vita che si presentano inattesi.
Certamente una persona che pensa o tenta il suicidio attraversa uno stato mentale peculiare, i cui tratti depressivi sono cruciali.
Solitamente la caratteristica centrale non è tanto un tono dell’umore basso (che può essere manifesto, ma anche ben celato), quanto una assenza di progettazione futura, ovvero, l’accumunare lo stato di difficoltà vissuto nel presente ad una condizione permanente che non vede “vie di uscita”. Inoltre massiccia è la tendenza al disprezzo di sé e all’autopunizione.
Altri indicatori possono essere: comportamenti aggressivi; abuso di sostanze che possano produrre annichilimento; esposizione a situazioni rischiose; disturbi del sonno; riferimenti alla morte; deliri e altre manifestazioni di carattere psicotico.
Alcune persone , inoltre, programmano il proprio suicidio nei minimi dettagli, ad esempio sistemando eredità o vendendo beni, o lasciando dettagliate volontà scritte.
Questo indica come il suicidio può essere messo in atto sia come azione impulsiva, che altamente e lungamente premeditata.
Da sottolineare è che l’aspirante suicida non è un individuo debole, come vuole la credenza popolare, ma piuttosto una persona che presenta un serio disturbo, uno stato di alterazione di coscienza e che, come tale, se si riesce a coglierne il disagio, può essere aiutato.
Purtroppo, la condizione peculiare in cui si trova una persona a rischio di suicidio è, come detto, il senso di disperazione e perdita di speranza che difficilmente lo porta a chiedere aiuto. Di contro, c’è anche da considerare che i tentativi di suicidio non riusciti spesso sono agiti non con il fine ultimo di porre fine alla propria vita, ma come estremi tentativi di accentrare l’attenzione su un disagio vissuto.
Le motivazioni
Le motivazioni al suicidio sono innumerevoli. Il motivo in sé può presentarsi in molteplici forme: un vuoto emotivo incolmabile; un’azione rivendicativa nei confronti di qualcuno; una via d’uscita da situazioni negative come un crollo finanziario, un lutto, la perdita di una persona amata; un’espiazione per una colpa.
Senza dubbio il suicidio si presenta come una soluzione ad un problema di cui si è persa la capacità di analisi e valutazione di diverse opzioni possibili per risolverlo.
A rischio sono gli anziani e gli adolescenti; maggiori sono i tentativi di suicidio da parte delle donne che però più facilmente sopravvivono – questo perché le donne commettono suicidio in modo impulsivo e con modalità meno violente.
Sebbene i tentativi di suicidio degli uomini siano minori in percentuale, le morti sono maggiori – gli uomini solitamente premeditano i propri suicidi e scelgono modalità aggressive e difficilmente reversibili.
In genere la persona si isola dal contesto relazionale e muta atteggiamento.
Una persona vicina che intuisce un pericolo può cercare di avvicinare la persona ascoltandola senza recriminazioni o imporre il proprio punto di vista.
Il suicida spesso ha la percezione di non essere compreso, quindi offrire un ascolto empatico e sincero facendo attenzione a non dare il proprio parere, ma a ragionare secondo la visione posta dalla persona da aiutare, può far sentire quella persona capita e creare un’apertura. Ancora, è utile ricordare che i pensieri al momento potrebbero essere distorti dalla disperazione percepita e che la situazione, per quanto dolorosa, può avere altri sbocchi.
È importante provare a convincere queste persone, qualora si abbia timore o si intuisca un pericolo, a farsi supportare da professionisti competenti, ma questo solo dopo essere riusciti ad entrare in comunicazione con la loro disperazione, senza essere giudicanti.
“Il suicidio è una soluzione senza ritorno, ma il problema è il più delle volte temporaneo e quindi superabile”