Sempre più spesso tra genitori e insegnanti si parla di difficoltà scolastiche nei bambini e le loro definizioni fioccano a volte imprecise, a volte allarmano troppo in fretta senza che si abbia una percezione precisa di cosa si stia parlando. Questo accade perché, quando parliamo di difficoltà scolastiche nei bambini, trattiamo in realtà di un gruppo molto eterogeneo di disturbi in quanto evocano lo spettro dei disturbi specifici dell’apprendimento (DSA, ovvero dislessia, disgrafia e discalculia) o dell’ADHD (disturbo da deficit di attenzione/iperattività) e dei bisogni educativi speciali (BSA). In aggiunta a queste più conosciute, troviamo, inoltre, tutte quelle situazioni di ansia o malessere che possono presentarsi a scuola: bambini che non riescono ad integrarsi, che si rifiutano di parlare, di disegnare, o che, bravi negli scritti, fanno “scena muta” alle interrogazioni orali.
Date dunque le diverse forme che le difficoltà scolastiche assumono, diventa allora comprensibile la confusione che spesso si fa nel capire quale sia davvero il problema incontrato dal bambino: ad esempio, a volte può non trattarsi affatto di un disturbo, ma di una difficoltà legata a situazioni specifiche che si incontrano nel corso dello sviluppo.
Per questo motivo, il primo passo fondamentale è quello di una diagnosi accurata: in questo modo si evita una delle conseguenze più importanti quando parliamo di difficoltà scolastiche nei bambini, ovvero che si apponga un’etichetta (di dislessico, iperattivo, problematico e così via), che il bambino poi porterà per tutta la vita.
Vediamo ora in breve quali possono essere le diverse forme con cui le difficoltà scolastiche si manifestano e a volte traducono in veri e propri disturbi.
Possiamo distinguere tre grandi categorie:
- Neurologico/genetico: Il primo gruppo comprende tutti quei bambini che, per malattie genetiche o patologie di origine pre, post e perinatale, possono manifestare disturbi del comportamento o difficoltà di lettura, scrittura e calcolo. Per questi bambini a volte possono essere richiesti il sostegno scolastico oppure i BES – i bisogni educativi speciali, che garantiscono una formazione scolastica adeguata al problema del bambino, a seguito di una certificazione specifica che attesti la presenza effettiva del disturbo.
- Sintomatico: Nel secondo gruppo rientrano i bambini che nelle performance scolastiche manifestano un proprio malessere o una difficoltà. La scuola può essere il campo principale in cui il bambino manifesta il proprio disagio. Al giorno d’oggi i bambini trascorrono a scuola circa quaranta ore a settimana: sono sottoposti a prove, confronti, si misurano con i propri pari, ma anche con loro stessi, con le proprie risorse e le proprie capacità. Atre volte, può accadere che ansia, difficoltà familiari, ma anche eventi della vita come nascite, separazioni, traslochi, lutti possono manifestarsi come sintomi al di fuori del nucleo familiare: ad esempio, può accadere che, un bambino disorientato da un cambiamento importante nella sua vita, possa avere difficoltà a leggere o a concentrarsi, ma non per questo sarà un bambino dislessico o iperattivo.
- Idiopatico: Infine, nell’ultimo gruppo, si considerano tutti quei casi che in cui non è individuabile un’origine. Alcuni psicologi dell’età evolutiva vedono questi disturbi come espressione della neurodiversità, ovvero di quelle caratteristiche proprie di ogni individuo e che lo distinguono dagli altri; a volte il manifestarsi di queste difficoltà può essere favorito da metodi di insegnamento non adatti a quel particolare bambino. Negli ultimi anni, si è aperto un importante dibattito, che coinvolge psicologi infantili e insegnanti, sull’opportunità di intervenire, in questi casi, con la riabilitazione logopedica. Viceversa, si ritiene utile una valutazione globale dell’intelligenza e dello sviluppo emozionale, al fine di concordare con i familiari e con la scuola delle strategie di intervento che possano consentire al bambino di vivere la scuola con serenità e che gli consentano di esprimere al meglio le proprie potenzialità.
Sempre per la complessità con la quale le difficoltà scolastiche nei bambini si presentano, anche la diagnosi differenziale (ovvero una attenta valutazione che escluda la presenza di altri disturbi dai sintomi simili) diventa essenziale: una valutazione errata o frettolosa può indirizzare la famiglia verso terapie inadeguate, che non solo potranno risultare inefficaci, ma addirittura potranno favorire la cronicizzazione del disturbo. Viceversa, una valutazione psicologica che tenga conto degli aspetti cognitivi, emozionali e relazionali potrà evidenziare eventuali nodi evolutivi o criticità e valutare la necessità di un percorso psicoterapeutico o logopedico.
In conclusione, da questa breve disamina, si evince quanto ricco ed articolato sia lo spettro con cui le difficoltà scolastiche nei bambini si presentano e quanto sia importante, dunque, una corretta individuazione del problema, l’esclusione di diagnosi simili, ma errate, che possono portare ad un trattamento anche dannoso. Infine, quindi, poter procedere con la terapia più giusta e appropriata per il bambino, facendo in modo di ridurre al minimo gli effetti dannosi sul suo sviluppo.
Ho letto con grande interesse in particolare la pagina sull’EMDR, che mi è stato proposto recentemente dal mio psicologo, e quella sull’andar male a scuola dei bambini; ho trovato molte informazioni a me utilissime e una assoluta chiarezza espositiva: grazie! Maria
Grazie a lei Maria,
felici di poter essere di aiuto al chiarimento di alcuni aspetti complessi che la psicologia offre.