Abuso sessuale infantile: Conseguenze in età adulta e trattamenti

Abuso sessuale infantile: Conseguenze in età adulta e trattamenti

C'era una volta un bambino: L'adulto vittima di abuso sessuale nell'infanzia
Una lettura facile per meglio comprendere cosa accade all’adulto che è stato vittima di abuso sessuale nell’infanzia.

Quando si parla di “abuso sessuale infantile” ognuno di noi ha in mente una definizione precisa, dettata il più delle volte da esperienze indirette. Purtroppo in alcuni casi l’abuso sessuale entra direttamente nella vita di un individuo, impattando violentemente sul suo normale corso, lasciando dietro di sé delle ferite psicologiche che variano per gravità a seconda del tipo di abuso subito, l’età e la capacità di autocura di cui ogni mente umana dispone.

Partiamo da una definizione generale: intendiamo per abuso sessuale infantile qualsiasi attività che implica il coinvolgimento in attività sessuali di un minore da parte di un adulto.

Da notare bene, quando ci riferiamo ad attività sessuale, non parliamo necessariamente di un rapporto fisico diretto, ma di tutto ciò che ha a che vedere con la sfera della sessualità, se una delle due parti rifiuta o non è nella posizione di comprendere (o comprendere con un senso di maturità piena in caso di adolescenti) ciò che sta accadendo. Ad esempio, oltre alla violenza sessuale che implica una penetrazione, la costrizione al toccare o baciare; la visione non desiderata di nudità o atti sessuali del singolo adulto, di una coppia o più individui; riferimenti sessuali e argomentazioni oscene.

L’abuso sessuale infantile ha solitamente e comprensibilmente un elevato livello di gravità e rischio per la salute mentale di un individuo e la sua crescita. Una persona che è stata abusata in età infantile porta nel decorso evolutivo della sua mente le tracce di un evento traumatico che solitamente ne devia il normale sviluppo.

Possiamo dire in linea generale che il livello di gravità segue tre dimensioni fondamentali:

  • il tipo di abuso subito e la sua durata – ovvero, se si è trattato di veri e propri rapporti fisici, toccamenti o esposizioni visive o racconti e provocazioni e quanto a lungo;
  • l’età e le risorse individuali del bambino – ovvero, in quale fase dello sviluppo il trauma lascerà traccia e di quali risorse dispone;
  • l’identità dell’abusatore – più la parentela è prossima alla vittima, peggiori saranno le conseguenze del trauma subito.

Per intenderci, potremmo dire che un abuso sessuale subito da parte di un genitore ad un bambino in età pre-puberale (8-11 anni circa) che si protrae nel tempo, con un coinvolgimento fisico totale, con ogni probabilità si rivelerà un’esperienza tra le più distruttive per la salute psichica.

Naturalmente essendo queste tre dimensioni molto variabili, fare previsioni nei singoli casi è molto complesso e, proprio per le capacità e risorse individuali, situazioni che potrebbero far pensare a conseguenze peggiori potrebbero rivelarsi meno gravi di altre da cui ci si aspetterebbe al contrario quadri meno compromessi.

A fronte di ciò ricordiamo che trattandosi di abuso sessuale infantile, stiamo facendo distinzioni all’interno di una situazione che presenta comunque, in qualsiasi forma avvenga, una potenzialità traumatica di livello elevatissimo, che si parli di un episodio con coinvolgimento minimo, ad uno massimo.

Le conseguenze psicologiche di un abuso sessuale possono toccare differenti aree: l’autostima, lo sviluppo della sessualità, le capacità relazionali.

Solitamente un bambino reagisce all’abuso innescando meccanismi di difesa basici, quali rimozione e dissociazione – la mente cerca in questo modo di sganciarsi dal ricordo traumatico insostenibile creando una barriera tra ciò che è accaduto e le implicazioni emotive o cancellando letteralmente l’episodio dalla memoria. E’ stato rilevato come il minore affronti una situazione molto simile a quella degli adulti che, dopo aver subito un trauma, sviluppano un disturbo post-traumatico da stress.
Il senso di colpa si riversa su di sé ed è tanto più intenso, quanto l’ambiente circostante ignora o copre l’episodio, e di contro, si sviluppa un profondo senso di sfiducia e paura nei confronti degli altri.

Un adulto che è stato abusato deve scontrarsi con queste credenze sviluppate e consolidate dal bambino che era un tempo. Tenderà a seconda dei casi, ad essere altamente aggressivo, ad incolparsi ferocemente, avrà una bassa autostima, tenderà a deprimersi o ad oscillare molto tra stati emotivi. È prevedibile che abbia difficoltà a regolare gli impulsi e problematiche ad inquadrare e sviluppare una corretta identità sessuale ed una vita sessuale soddisfacente.

Tra le patologie che possibilmente si sviluppano troviamo il disturbo borderline di personalità, la depressione, disturbi alimentari e dipendenze, proprio in conseguenza all’incapacità di regolarsi e al costante bisogno di “tenere il controllo” su una situazione che si percepisce in pericolo costante.

Ad oggi la psicoterapia è uno strumento di elezione per trattare e curare storie e conseguenze degli abusi. Ovviamente, parlando di età adulta, si dovranno affrontare gli effetti di schemi disfunzionali consolidati nel tempo. Si può dire che il trauma dell’abuso innesca una serie di meccanismi di difesa estremi della mente che portano purtroppo, seppure con lo scopo di proteggere la persona da un crollo, alla formazione di sistemi difettosi e patologie che probabilmente non sarebbero comparsi altrimenti.

In quest’ottica, abbiamo personalmente usato l’esperienza nata da un lavoro costante sul campo in questo ambito per sviluppare un metodo mirato, la cui filosofia di base è mantenere al centro la narrazione della persona, integrando tecniche e conoscenze in campo psicotraumatologico sempre più innovative: l’Emdr; la Psicoterapia Sensomotoria; la terapia dell’Esposizione Narrativa, ne sono alcuni esempi.

Tutto ciò all’interno del percorso di psicoterapia, per fornire a chi ne fa richiesta un’esperienza che garantisca una totale e complessa strategia di intervento il più possibile risolutiva, nel rispetto della natura articolata del trauma, la cui cura non può ridursi alla sola rimozione dei sintomi da esso generati (per saperne di più, vedi: Alicanto – Centro Cura del Trauma Psicologico).

Se volete approfondire il tema in modo dettagliato e avere risposte più complete potete acquistare il libro in versione cartacea oppure ebook (gratis con abbonamento KindleUnlimited) cliccando sul titolo: C’era una volta un bambino: L’adulto vittima di abuso sessuale nell’infanzia

NB. Vorrei estendere un ringraziamento particolare a tutti coloro che con coraggio stanno commentando l’articolo, facendo domande o semplicemente condividendo il dolore e il disagio delle loro esperienze di abuso vissute in età infantile.
[E’ possibile che parti dei commenti con contenuti marcatamente espliciti vengano tagliati per il contesto nel quale sono pubblicati.]

Vorrei altresì specificare che purtroppo NON E’ POSSIBILE FARE CONSULENZE VIA EMAIL O TELEFONICHE.

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1.113 commenti

  1. Buongiorno a tutti mi chiamo Alice e ho 22 anni
    Io ho subito abusi sessuali da mia mamma in età infantile circa dai 3 agli 8 anni..sono attualmente in terapia e la mia psicologa utilizza la tecnica emdr, è mooooooolto doloroso ricordare e rivede tutto: sensazioni orribili, tremori,forti tensioni,confusione,nausea.
    I miei genitori sono separati e in perenne conflitto tra loro, trascurando me e mia sorella.
    Non so onestamente come sono riuscita ad arrivare fin qui nella mia vita..ne ho superate e vissute tante.
    Il senso di solitudine, trascuratezza,ipercontrollo su tutto, ero praticamente diventata una piccola robottina.
    E poi il mostro è mia madre!!! Colei che mi ha messa al mondo la figura per eccellenza di amore, accudimento!! Questo mi distrugge e faccio molta fatica a convivere con questo pensiero.ho molta rabbia e spesso mi sento persa.
    Spero che finalmente i ruoli si invertiranno che sarò io alice un giorno padrona felice di me stessa delle mie emozioni dei miei 22 anni leggeri e non piu pesanti come ora sempre chiusa e rigida delle regole, che finalmente sarò libera di vivere la mia sessualità , di non sentirmi in colpa se ho un ragazzo e se mi lascio andare
    Spero! sono tutti sentimenti che ho nel mio cuore un po seppelliti ma sono pronti a liberarsi non appena tutto questo incubo sarà finito.
    Auguro di cuore a tutti quelli che stanno combattendo la mia stessa battaglia di essere felici, lo meritiamo anche noi..nonostante tutto!!

  2. Salve, ho 19 anni, sono fidanzata da quasi 4 anni con un ragazzo di 5 anni più grande di me, l’estate scorsa ho tentato più volte di suicidarmi o meglio dire, facevo autolesionismo con quel fine. Non volevo più vivere. Un evento traumatico che mi porto dietro è il semi-abbandono di mio padre quando avevo 11 anni, dico “semi” perché lui spariva per mesi e poi faceva la sua ricomparsa nella mia vita. Lui è sempre stato un alcolista e io sono cresciuta dovendo scappare molte volte dalle sue collere con mia mamma, io non ho mai subito veri e propri abusi o almeno penso e spero di no, se fosse comunque non li ricordo. Lui ha sempre avuto un riferimento sessuale in ogni discorso e da quel che mi ha detto mia mamma, addirittura lui si masturbava anche davanti a me quando ero molto piccola 2/3 anni. Lei è sempre stata il muro difensivo dietro cui mi sono parata per tutti questi anni. Riguardo a mio padre, quando tornava dalle lunghe assenze mi chiedeva con la scusa che lui non era capace ( questo da 11 a 16 anni ) di scaricare le sue foto sul computer, foto in cui lui era ritratto nudo solo, o con altre donne, foto di singole parti intime ecc. Ora mi chiedo poiché molte volte risento dell’abbandono subito, se per caso io risenta anche di altro senza saperlo. Molte volte il mio fidanzato dice che gli do le colpe che in realtà sono attribuite a mio padre. Io ho vaghi ricordi della mia infanzia, ricordo pochissimo. Mio padre lo vedo e lo sento spesso ma è già qualche anno che non vive più con noi. Mi scuso per essermi dilungata eccessivamente ma avevo paura che per la mancanza di informazioni non si capisse bene il mio dilemma. Sono stata in terapia per l’abbandono da 12 a 14 anni. Purtroppo ne risento ancora. Potrei aver subito abusi che non ricordo? Io non ho problemi sessuali con il mio ragazzo, a parte che a volte mi viene il disgustoso desiderio di avere rapporti con mio padre. Ovviamente relegati ad essere solo pensieri. Ho paura che tutto ciò possa crearmi problemi quando avrò dei bambini. È possibile?
    Grazie Mille

    1. Author

      Gentile Cinzia,
      la sua storia, per come la racconta qui, è già di per sè molto complesa da non necessitare certamente di un abuso in senso stretto del termine.
      Se sia avvenuto qualcosa o meno che non ricorda, come dico sempre, non è certo mia possibilità da queste righe dedurlo.
      Quello che non è chiaro quando si hanno questi dubbi e si pongono queste domande – e che spero possano queste mie risposte invece aiutare a comprendere – è che a fare fede è il vissuto emotivo che si vive, non la domanda sull’avvenimento concreto.
      Mi spiego, se si sente deprivata, irrisolta nel suo vissuto di abbandono, se sente di avere delle sofferenze e già ne parla in merito ad alcuni suoi vissuti, ha una risposta alla sua domanda. C’è qualcosa che non va e non le consente di stare bene, ovunque sia il motivo, vale la pena soffermarsi a ragionare su di esso.

  3. Buongiorno, la mia storia è un po’ “strana”, la conosce solo mio marito e ho difficoltà a raccontarla ad altri perché mi rendo conto che sembra poco chiara, ma ci provo. Da piccola dormivo in camera da letto assieme ai miei genitori e a mio fratello, alcune notti sentivo una mano che mi toccava insistentemente nelle zone intime e io rimanevo immobilizzata dalla paura, mi ricordo che restavo completamente paralizzata e quasi non respiravo. Non sono mai riuscita a ricordare chi faceva questo, a volte ho come la sensazione che sia tutto nella mia testa, che in qualche modo mi ricordo cose non vissute, però la sensazione di paura era reale e lo è ancora se ci ripenso, quindi mi chiedevo è possibile che la mente si inventi un ricordo del genere? Io ero troppo piccola per conoscere certe cose, inoltre vivevo in una famiglia molto all’antica, dove parlare di sesso era assolutamente un tabù. Non ho mai raccontato alla mia famiglia quello che accadeva, anche perché in casa c’era una forte crisi perché mio padre era alcolista e i miei si stavano separando e c’erano continue liti. Io ero una bambina completamente muta, timidissima e lo sono ancora. Oggi ho tantissimi problemi sociali, soprattutto nei confronti degli uomini, mi sono resa conto che ho come “paura” degli uomini, mi mettono a disagio, mentre con le donne non ho questi problemi. Sessualmente non sono molto attiva, e sono attratta sia da donne che da uomini, ma ho avuto storie solo con uomini.
    Non so cosa pensare. So che dovrei fare terapia per capirne di più, ma se possibile vorrei un parere. Grazie mille.

    1. Author

      Gentile Tati,
      forse come avrà potuto leggere dando una scorsa a tutti i commenti, la sua storia non differisce molto dalle altre. Il senso di stranezza forse le deriva dalla confusione in merito ai significati che ha dato nel tempo a questi episodi, per proteggersi dalla paura di affrontarne i contenuti.
      Lei ha già “pensato” molto bene e io non posso dare un parere se non evidenziare che i collegamenti con quello che è accaduto e molte delle sue difficoltà sono già scritti nero su bianco. Quello che dovrebbe fare è provare a metterli in ordine, esplorare i sentimenti che sono probabilmente rimasti sigillati in merito e quindi finalmente andare oltre.

      1. Buongiorno, io vorrei chiedere un suggerimento. Ho una collega e amica che da anni soffre di disturbi d’ansia, disordini alimentari, ed è molto come dire apatica nei confronti della vita, di aspetto è trasandata. Ha anche una distrofia muscolare. Non si fida degli altri, ed ha sviluppato un mondo parallelo in cui si rifugia con storie ad spesso “ad alto contenuto sessuale” come dire. Solo pochi giorni fa mi ha confessato che da piccola ha avuto abusi o cmq attenzioni particolari da un adulto, e questa l’ha segnata. Io le ho detto subito di andare da uno specialista, lei mi dice che è già seguita, che però non vuole crescere, non vuole assumersi responsabilità perchè sta bene così, non vuole elaborare. Mi chiedo, come posso aiutarla? Possibile che sia un’altra storia inventata? Mi chiedo se davvero un professionista abbia “tutto sto tempo da perdere” e così poco impatto. Grazie

        1. Author

          Gentile Monica,
          non ho ben capito come mai dubita sia della storia della sua amica, che del lavoro che sta svolgendo in terapia – cosa vuol dire che il professionista ha tempo da perdere e poco impatto?
          Mi pare stia dando dei giudizi frettolosi da una prospettiva di amica preoccupata che però non ha gli strumenti, come è ovvio e giusto che sia.
          Giusto nel senso che i parenti e gli amici non devono essere competenti della materia, ma stare vicino con supporto senza pretendere di sostiuirsi alle persone e ai loro vissuti – quindi sospenderne il giudizio e “fare” il meno possibile. Non devono altresì sostituirsi ai professionisti, che certamente non perdono il loro tempo, ma svolgono un lavoro, in questo caso lungo e complesso, il cui impatto non è certo miracoloso ma dipende profondamente dalle possibilità della persona, le sue risorse, le sue motivazioni alla cura. Alcuni cambiamenti sono evidenti e consistenti, altri meno visibili e più sottili. Altre volte non c’è possibilità di poter aiutare. In altre situazioni può non funzionare la coppia terapeutica, aspetto fondamentale della cura – ovvero trovarsi bene nel lavoro con il proprio terapeuta. Sono sempre motivi differenti, spesso si intersecano, di certo parte di dinamiche di un lavoro, quello con la mente umana, che non può essere ridotto ai minimi termini in questo modo e le assicuro quanto di più complesso e meno semplificabile di quanto si tenda per natura a fare da una prospettiva esterna.

  4. Buonasera dottoressa,
    Volevo chiederle se è in qualche modo possibile che una persona abbia subito abusi ma non li ricordi minimamente.

    1. Author

      Gentile Giorgia,
      in molti mi fate domande a riguardo dei ricordi rimossi. A volte mi chiedete se alcune fantasie o frammenti siano o meno accaduti realmente, a volte, non trovando risposte alle esperienze vissute, mi chiedete se sia possibile allora aver subito abusi e non ricordarne affatto, poichè offre una risposta per quanto terrbile, semplice e veloce a questioni che di solito sono più diffiicli da comprendere.
      E’ ovvio che a queste domande complesse e che spesso non riescono a trovare una verità solida neanche dopo mesi o anni di lavoro, non posso rispondere.
      Posso dirle che i ricordi di abuso spesso vengono rimossi, che ci sono tante variabili e varianti in merito. Posso dirle però che difficilmente il meccanismo della rimozione è così efficace da cancellare la memoria e non lasciare alcuna traccia dell’esperienza (di solito attraverso disagi o sintomi disparati). Posso aggiungere che se l’esperienza di abuso è stata elaboarata in modo efficace per via di ottime risorse del bambino e un buon ambiente circostante, è perisno possibile che semplicemente non meriti di essere ricordata ai fini dell’economia della mente.
      Posso dirle che è altrettanto vero il contrario, cioè che esistono i falsi ricordi, i quali possono associare ad esperienze traumatiche magari di natura differente, una natura di abuso che non hanno mai avuto e far credere fermamente, poichè le si “ricorda”, di aver subito abusi inesistenti.
      In sostanza la mente, in materia di memoria, può ingannarci per difesa in molti modi e tutto può in realtà essere possibile. Dal rimuovere, all’aggiungere. Per questo una domanda del genere diventa davvero impossibile da gestire in modo utile se non si conosce la natura della sua storia e il perchè di questo dubbio e non si ha uno spazio adeguto per indagare a fondo la struttra della sua mente e le sue difese.

  5. Ciao ho 21 anni e quando ne avevo 10 mio nonno mi ha messo ripetutamente le mani addosso e il giorno del mio 11esimo compleanno mi ha baciata fortunatamente non si è spinto oltre però per anni ho rimosso questi ricordi ma da circa 5 anni sono tornati. Non ne ho mai parlato con nessuno e non sono mai stata capace di provare reale affetto per qualcuno cioè ho amiche ma anche se non ci fossero io potrei vivere e poi passò periodi in cui spero di morire ad altri in cui mi sento un guscio vuoto. Vorrei poter essere in grado di innamorarmi ma non riesco ad avvicinarmi a nessuno appena sento che potrei anche potrei provare qualcosa non riesco a non cacciarlo via. Più passa il tempo più mi sembra che quei ricordi mi soffochino

    1. Author

      Gentile Erica,
      grazie per il suo racconto. Credo che sia condivisibile il suo stato d’animo e il suo senso di isolamento. Ma come avrà letto da tutte queste testimonianze preziose, la sua storia è la storia di molte persone ferite e che parlarne invece è il solo modo per poter provare a sistemare queste brutte sensazioni e restituirle un po’ di serenità. Spero si dia l’opportunità di tornare a respirare come merita.

  6. Salve,
    Ho subito abusi da parte di mio zio dai 4-5 anni fino ai 12 e diversi episodi dai 6 ai 18 da parte del nonno della mia migliore amica. Ho pensato di tagliarmi le vene quando facevo ancora le elementari, ma anche successivamente non ho mai tentato per non dar dolore ai miei genitori. Non ne ho mai parlato con nessuno, ho sempre cercato di dimenticare anche perché mi sentivo sporca, come se la colpa fosse mia… crescendo ho poi capito che non poteva essere mia…
    Ho avuto un forte sentimento di rabbia verso mia madre durante l’adolescenza, perché convinta che una madre attenta si doveva accorgere che qualcosa non andava.
    Col passare degli anni si è assopito anche questo sentimento e non provo più rancore né verso mio zio (morto recentemente), né verso l’altra persona, ho concluso che sono semplicemente malati e magari a loro volta vittime in passato. Amen.
    Volevo sapere quale risvolto può avere questa storia di abusi sulla maternità.
    Ho un figlio di 5 mesi che è particolarmente impegnativo poiché piange molto, sono costretta a tenerlo in braccio tutto il giorno, quando usciamo se non si addormenta mi tocca tenerlo in braccio e guidare con una mano la carrozzina altrimenti mi fermano per chiedere se piange in quel modo isterico perché deve mangiare o sta male… uno di quei bei bimbi ad alto bisogno in pratica. Beh, non sento questo grande amore verso mio figlio e mi sento quasi un mostro per questo, un alieno. Sentire il pianto mi fa infuriare e ho scatti di ira (che però controllo, non gli torco un capello! ) e vedo questo figlio, che passa il tempo a piangere senza poter giocare un minimo o far una passeggiata, come una ulteriore punizione divina.
    Ho paura che per colpa mia io cresca un figlio disturbato

    1. Author

      Gentile Daniela,
      non è certamente possibile comprendere in questa sede quanto e come il rapporto difficile con suo figlio è stato compromesso anche dalla sua tragica esperienza di abuso. Certamente questi episodi possono alterare molto la capacità relazionale e la modalità con cui si gestiscono i legami affettivi.
      La consapevolezza che vi sia un problema è da sola un ottimo punto di partenza.
      Le sue difficoltà non devono diventare un ulteriore motivo di colpa, ma uno spunto per provare a capire come superarle, così da restituire la meritata serenità a lei e al suo bambino.

  7. Buonasera. Ho molta confusione in testa per quanto riguarda questo argomento.
    Mi sono tornati in mente i ricordi della notte in cui mi persi in uno stabilimento da bambina, le sensazioni e i ricordi visivi. Ma spesso mi chiedo se queste memorie siano realmente mie o possano essere anche solo fantasie.
    Negli anni ho sviluppato complessi di inferiorità e depressione, disturbi dell’alimentazione, comportamenti autolesionistici, mi sento sempre sbagliata e in colpa per tutto ciò che succede e un profondo vuoto interiore, inoltre se penso di avere una relazione intima con un uomo mi sento spaventata e in panico.
    Mi chiedevo se poteva, date queste poche informazioni, presumere se tali ricordi siano reali o solo un frutto della mia fantasia.
    Grazie mille in anticipo.

    1. Author

      Gentilissima Ilenia,
      certamente io, come nessun altro, potrebbe mai avere la facoltà e la presunzione di darle un responso così netto su un argomento delicato come i ricordi o i falsi ricordi di un abuso. Specialmente in questa sede e con queste poche informazioni, senza conoscere minimamente lei e la sua storia. E’ un arduo compito anche in terapie che durano anni dare una risposta simile, e spesso non si arriva mai ad averne una certa.
      Come dico sempre, il problema maggiore e più importante è capire come queste sensazioni hanno e stiano tutt’ora dando problemi alla sua vita, indipendentemente dalla loro veridicità.

  8. Salve, sono una ragazza di 19 anni. Da qualche tempo sono riaffiorati dei ricordi confusi, a proposito di mio zio, per il quale ancora oggi provo ribrezzo e disagio in sua presenza, senza aver mai compreso realmente perché. Anche da parte sua sento in qualche modo questo disagio e imbarazzo nel parlarmi o nel vedermi. Ricordo solo dei momenti in cui ero nella sua stanza ed eravamo sdraiati a letto, altri momenti nella sua stanza o nella mia, ma nulla che mi dia conferma di fatti gravi accaduti, sono solo delle sensazioni ad essi legati. Nell’adolescenza ho vissuto varie problematiche, dalla bulimia ai 12 anni, ai tentativi di suicidio e tendenze autolesionistiche. Ma ho sempre ricondotto questi casi ad altri motivi. Come posso avere le prove o un motivo che mi spinga a ricollegare quei momenti a un abuso? Quando è il caso di approfondire? Sono solo dei flashback confusi, che potrei anche aver frainteso. La ringrazio in anticipo.

    1. Author

      Gentile Elena,
      posso solo consigliare di provare a fare un percorso che possa approfondire questi flashback, dargli un senso e una coerenza che la aiutino ad eliminare questi dubbi, immagino molto dolorosi e spaventosi per lei.

  9. Salve, volevo chiederle un consiglio. Ho 18 anni e da un po’ di tempo mi stanno tornando alla mente ricordi dell’infanzia che non comprendo se siano realmente accaduti o solo frutto di immaginazione. Questi ricordi riguardano un mio cugino e dei particolari giochi in cui dovevo toccare le sue parti intime. Per quanto riguarda la mia sessualità credo di non averla vissuta al meglio e a volte ho anche sbalzi di umore e tendenze autolesioniste. Secondo lei sono solo mie invenzioni o fatti reali? Temo di parlarne con qualcuno. Grazie in anticipo.

    1. Author

      Gentile Irene,
      non è possibile rispondere ad una domanda molto complessa come questa senza la possibilità di prendersi del tempo per capire, esplorare e valutare al meglio la sua storia. Spero possa vincere i suoi timori e decidere di provare a parlarne con qualcuno così da avere una risposta in merito o comunque un aiuto a chiarire il perchè di questi dubbi.

  10. Buongiorno, ho molto apprezzato la sensibilità e la delicatezza del suo approccio. Con mia moglie siamo stati fidanzati circa 8 anni, ed è stato un bellissimo periodo di condivisione, anche dal punto di vista dell’intimità, che vivevamo con libertà e soddisfazione reciproca. Non le ho mai chiesto nulla che lei non volesse o non gradisse, rispettandola ed amandola più di me stesso. Già in viaggio di nozze però sono iniziati i problemi (in 20 giorni abbiamo fatto l’amore 2 volte…) e poi, con mille motivazioni, i nostri “ritmi” si sono sempre più sfasati. Per me non era solo un problema sessuale ma di sentimento e di condivisione, ma le cose non sono migliorate, anche perchè non riuscivo ad avere spiegazioni in merito. Poi, poco tempo fa, dopo oltre 20 anni di matrimonio, la rivelazione degli abusi subiti da lei per anni in età preadolescenziale, da parte di un vicino di casa cui veniva affidata dai genitori, che non hanno mai saputo nulla e che sarebbero morti di dolore conoscendo lo stato delle cose. Ho cercato di starle vicino e di farle capire che lei non è colpevole ma vittima, che il rapporto tra una di 10 anni e uno di 35 non può essere paritario, che questi bastardi sono bravi a sottometterti anche psicologicamente e a coinvolgerti, e che le responsabilità sono tutte dall’altra parte, ma non riesco a fare breccia nel muro. E ora che il problema è emerso i nostri rapporti intimi sono ovviamente scomparsi e lei ha schifo anche di quanto ha fatto serenamente, liberamente e felicemente con me in passato. Qual che è peggio è che lei sta malissimo, sono arrivati gli incubi e la vedo soffrire, e ciò per un uomo innamorato è un grosso dolore, contro cui mi sento impotente. Sono riuscito a portarla a fare una seduta con una psicologa, ma è rimasta una soltanto, per cui ha iniziato a tirare fuori lo schifo che ha dentro ma senza poi iniziare “la cura”; in pratica è emerso il problema ma non la soluzione, e ciò ha peggiorato la situazione.
    Lei si è convinta che nulla cambierà mai, se non in peggio. La situazione anche tra noi è ovviamente peggiorata, e lei pensa che io voglia farla migliorare solo per poter tornare a fare sesso, e tale pensiero mi offende e mi avvilisce, ma ormai tutto è giudicato da lei negativamente e senza speranza. Sto cercando di convincerla a iniziare un percorso psicoterapeutico che sia duraturo ma mi scontro contro un muro di gomma… Mi scusi la prolissità, ma vorrei veramente fare qualcosa per lei.

    1. Author

      Gentile Sandro,
      come mia usuale risposta in questi casi, anche se realizzare che la persona cara è in difficoltà spinge a voler intervenire a tutti i costi per poterla “salvare” dal suo stato di disagio, purtroppo c’è poco che si può fare se non è la persona stessa a sentire di dover affrontare il problema.
      Spingere a fare colloqui può addirittura rivelarsi controproducente o inutile, nella migliore delle ipotesi. Può far sentire una colpa aggiuntiva alla persona che non riesce a far nulla per uscirne.
      Il problema principale nel vissuto di abuso è la vergogna e la mancanza di fiducia nell’altro. Due elementi che possono da soli spiegare quanto sia difficile provare a parlarne e a chiedere aiuto.
      Continui se può a stare vicino a sua moglie e consideri che per quanto possa sembrare paradossale, è molto meglio il momento in cui il problema emerge, seppure nella sua irruenza e tragedia, che quello in cui serpeggia silente in uno stato dissociato. Solo in quel momento di contatto vi è una possibilità per la persona di comprendere che vi sia un problema e quindi provare ad affrontarlo. Non perda la fiducia, senza diventare insistente, anche se non è facile.

      1. La ringrazio per la sua risposta, che mi è stata molto d’aiuto. Anche grazie alle sue parole ho smesso di insistere, anche perché ho capito che mia moglie avrebbe fatto un percorso psicologico quasi esclusivamente per fare contento me, e non era certo quello il mio scopo. Mia moglie però si è informata, e una psicoterapeuta che conosciamo le ha proposto una serie di sedute da svolgersi anche tramite ipnosi. Questo ha sconvolto ancora più mia moglie, che teme un “lavaggio del cervello”. Ho provato a dire che forse è un metodo per tirar fuori le verità profonde e dolorose senza la consapevolezza di farlo, e quindi con minor sofferenza, ma lei teme che “qualcuno entri nel suo cervello”. E’ come se temesse di perdere il controllo della situazione… Stante quanto sopra io non ho insistito, ma secondo lei è un metodo efficace? Ce ne possono essere di “migliori”? Grazie ancora e un caro saluto. Sandro

        1. Author

          Gentile Sandro,
          mi fa piacere esserle stata di aiuto.
          Se sua moglie, come lei descrive, è terrorizzata dalla sua esperienza, certamente non è importante il metodo o la sua efficacia, quanto il fatto che ad esempio in ipnosi, dovrebbe affidarsi molto della persona e rilassarsi. Questi requisiti mi sembra siano proprio il punto cardine della sua resistenza a farsi aiutare, poichè sua moglie non si fida dell’altro. Il lavoro che va fatto credo prima di tutto è quindi stabilire un rapporto di fiducia e condivisione. Più adeguato sembrerebbe optare per un rapporto terapeutico che privilegi questo aspetto.
          Non so in che termini la collega abbia proposto il trattamento e non entro in merito, ma ci tengo a precisare che l’ipnosi in alcune occasioni può produrre falsi ricordi o alterare significativamente le percezioni e le memorie. Non si usa quasi più in terapie moderne, specialmente con l’idea di recuperare memorie perdute così significative. Si opta invece per metodi basati sul recupero della mente in piena coscienza.
          Ciò detto non intendo escludere che possa essere utile o meno. In realtà non esiste un metodo più efficace di un altro – sebbene alcuni abbiano oggi più incisione su alcune problematiche di altri – ma è la motivazione e la capacità del terapeuta e del paziente assieme di stringere una buona alleanza, il perno fondamentale della riuscita o meno di un trattamento terapeutico.

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