Elaborazione del lutto: Le “cinque fasi” tra mito e realtà

Elaborazione del lutto: Le “cinque fasi” tra mito e realtà

 
Uno dei temi più importanti e ricorrenti in psicoterapia è certamente il lutto.
La morte è una tra le paure ancestrali più radicate negli esseri umani, che in ogni epoca e in ogni luogo ha vissuto e vive di particolari rituali per aiutare a venire elaborata, se non addirittura “esorcizzata”.
Uno stato di depressione è del tutto comprensibile nella fase di elaborazione del lutto, ma se questo persiste e getta la persona in una condizione di angoscia perenne da cui è incapace ad uscire, allora è bene che si affidi ad un aiuto che possa accompagnarlo nel difficile percorso della accettazione e superamento della perdita.
Infatti, molte delle problematiche psicologiche che spingono una persona a cercare sostegno si rivelano essere legate proprio alla mancata elaborazione di un lutto – che sia una perdita reale o, simbolicamente, una perdita di qualcosa di fondamentale nella vita di una persona.

 
La nostra visione occidentale-centrica ci fa tendere a costruire teorie basate sulla cultura del nostro mondo, per poi generalizzarle. Questo è uno dei grandi problemi della psicologia classica, che oggi però sta vivendo lentamente un risveglio. Studiare la mente e le sue espressioni non può certo prescindere dalla cultura di appartenenza dell’individuo, così come, più in particolare, dalla sua individualità.
Così anche per il lutto, come per altri disagi psicologici, si è teso per lungo tempo ad applicare teorie che fossero basate sull’analisi delle reazioni “tipiche” di un occidentale. La più famosa è quella della psichiatra svizzera Elisabeth Kubler-Ross – una delle massime autorità in materia – che nel 1969 pubblicò un libro La morte e il morire[1], divenuto una sorta di bibbia per i terapeuti intenti ad affrontare con i propri assistiti una perdita.

 
In questo libro la Kubler-Ross teorizza cinque fasi attraverso le quali passerebbe obbligatoriamente un individuo (anche se non necessariamente in questa esatta sequenza) a seguito della perdita di una persona cara – o dell’annuncio di un’imminente perdita.

 

  1. Negazione/Rifiuto (in principio si nega il lutto come naturale meccanismo di difesa);
  2. Rabbia (quando si realizza la perdita, subentra un enorme carico di dolore che provoca una grande rabbia alle volte rivolta verso se stessi o persone vicine o, in molti casi, verso la stessa persona defunta);
  3. Negoziazione (si tenta di reagire all’impotenza cercando delle risposte o trovando soluzioni per spiegare o analizzare l’accaduto);
  4. Depressione (ci si arrende alla situazione razionalmente ed emotivamente);
  5. Accettazione (si accetta l’accaduto, riappacificandosi con esso, spesso sperimentando fasi di depressione e rabbia di natura moderata, volte a riconciliarsi definitivamente con la realtà).

 
Questa teoria, assieme ad altre meno conosciute che ugualmente individuano delle fasi di passaggio in cui dovrebbe fluttuare l’individuo, tende a generalizzare un quadro assai complesso che subentra nel caso di lutto. Di fondo vi è il suggerimento – per chi lavora con persone che stanno attraversando un simile momento di difficoltà e per le persone stesse in cerca di conforto e spiegazione – che se ci si blocca o non si attiva una di queste fasi, allora la persona in questione non sta elaborando adeguatamente e va aiutata in questo senso.
Ma, seppure è spesso riscontrabile il passaggio tra queste fasi a seguito della perdita o nel corso dell’annuncio di una perdita imminente di una persona cara, una delle critiche più costanti e, a mio avviso, puntuali degli ultimi anni è proprio quella di non rispettare né le diverse altre culture (che spesso affrontano ed elaborano la morte con tutt’altre modalità), né la specificità dell’individuo stesso, che può non necessariamente passare per una o più di tali fasi, senza per questo riscontare una mancata elaborazione.

 
Dunque, resta fondamentale accompagnare le persone in un momento così delicato, soprattutto coloro che chiedono aiuto o che sentono di non essere riusciti a passare oltre una perdita importante, con un occhio utile alle teorie ed uno ancora maggiore alle risorse personali della persona e alla sua cultura familiare e sociale, che può portarlo ad accettare ed assimilare la morte in modi del tutto differenti eppure altrettanto funzionali. Non è detto, ad esempio, che “piangere” o “deprimersi” sia un passaggio sempre obbligato, così come spesso accade che non si arrivi mai alla fase di accettazione, senza per questo che il lutto resti irrisolto e che si debba intervenire per paura di conseguenze o intoppi futuri nel benessere psicofisico della persona.



[1] Kubler-Ross E., La morte e il morire, Assisi, Cittadella Editrice, 2005 13 ed.

 

62 commenti

  1. Salve, ho perso la mia bambina tre mesi fa alla 17esima settimana di gravidanza…u a gravidanza ricercatissima che è arrivata dopo anni di tentativi faticosi. Mi sento mancare di senso, ho ripreso la mia vita “normale”, il lavoro… Ma ogni giorno che passa ci pensò e mi dico ad esempio che ora saremmo giunte al settimo mese insieme… credo di essere alla quarta fase e sono accompagnata da una brava psicologa ma non vedo, ad oggi, come potrei un Domani superarla…mi sento svuotata, triste, non trovo senso in ciò che faccio, mi scoccia addirittura alzarmi dal letto e lavarmi al mattino… Ogni consiglio sarà ben accetto poiché non so proprio dove sbattere la testa. Grazie per avermi letto e avermi permesso di scrivere queste parole.

    1. Author

      Gentile Roberta,
      si dia del tempo per elaborare questa perdita.
      Sono processi che richiedono un percorso a volte anche lungo e, data la storia che riporta, certamente questa è stata un’esperienza molto traumatica con anche altri significati importanti connessi ad essa. Se ha piacere, prenda in considerazione di ritagliarsi uno spazio per parlare di ciò che sente, potrebbe esserle di aiuto a superare il momento e monitorare eventuali ostacoli al processo di elaborazione del lutto che ha vissuto.

  2. Ho perso mio marito da venti giorni, era tutto per me.. il mio complice, amico e amante. Fortunatamente sono circondata da persone che mi vogliono bene e sto cercando di organizzarmi per stare insieme agli altri per non star da sola. Mi sento mancare il pavimento sotto i piedi e quando rientro a casa e giro le chiavi nella toppa sento un vuoto incolmabile… un tumore me l’ha portato via, aveva solo 60 anni e una vita ancora da vivere insieme. Cerco di sorridere, metto una maschera e sopravvivo…

    1. Author

      Grazie della condivisione Luisa,
      mi pare stia usando le sue risorse al meglio per affrontare il momento difficile. Le auguro che il necessario, doloroso processo di elaborazione della perdita, possa riportarla in breve alla serenità meritata. Il vuoto non si colma, ma potranno crearsi certamente nuovi spazi.

  3. Cosa strana il lutto: un groviglio di sentimenti che come un’onda va e viene. E incomprensibile per molti.
    Non so dove mi porterà il mio lutto, spero mi lasci ancora vivere e sorridere in onore di chi ha ‘deciso’ a sorpresa di lascirmi troppo presto. Per una mamma è complicato. Per una mamma la vita comincia e finisce con i propri figli e mezza della mia è già svanita. Chiudo gli occhi e spero che il tempo torni a scorrere quasi come prima veloce e indaffarato… nel frattempo sopravvivo.
    Grazie per l’articolo, utile e di conforto.

    1. Author

      Gentile Cinzia,
      la mente, in condizioni normali, per sua natura tende sempre verso la ricerca e la conservazione di uno stato di benessere. Una certezza nel lutto e nella sua elaborazione è che, anche nella perdita peggiore, questa tendenza spingerà a riparare la ferita con le risorse a disposizione per tornare verso la stabilità, prendendosi il tempo necessario.

      1. Grazie per le preziose parole. Le conservo per i momenti più difficili.
        Ancora grazie e buon lavoro.

  4. Gentile Sara,
    ho perso mio padre alla fine di dicembre dell’anno appena passato.
    Ho sicuramente attraversato quella che viene definita fase della negazione della durata di un paio di mesi, seguita da una fase relativamente tranquilla (fino a qualche giorno fa), nella quale mi piaceva ricordarlo con gli amici che lo conoscevano o il mio compagno, soprattutto riferendomi a cose che aveva detto o avrebbe cucinato in quel momento..insomma, qualcosa di piacevole, accompagnato da risate e dolci pensieri.
    Da qualche giorno invece il suo pensiero mi tormenta, penso a lui continuamente e soprattutto agli ultimi giorni della sua vita (ha avuto una malattia gravissima che in tre mesi ce lo ha portato via); penso all’ uomo forte che era e a come era ridotto gli ultimi istanti, e non riesco a trovare pace, né una risposta. Sono senza parole e come immobilizzata in un’angoscia senza tempo.
    Non sono credente, per cui non ho neanche la magra consolazione di pensare che un giorno potremo tutti ritrovarci per un consolatorio abbraccio finale.
    Piango poco…solitamente. Ma in questa ultima settimana mi sono ritrovata ad accostare la macchina tornando dal lavoro per sfogarmi in un pianto disperato, e sperare che il mio compagno non si accorgesse di nulla rientrando a casa. Anche adesso ho le lacrime agli occhi solo scrivendo queste cose.
    Ho male alla testa, non mi concentro in niente, trovo scuse banali per non uscire con gli amici o andare in palestra. Mi sembrano tutti quanti superficiali, ovvi, banali.
    Non mi interessano i ragionamenti delle persone, ho l’impressione che parlino per dire soltanto delle amenità, cose senza significato.
    Sto bene soltanto a casa, leggendo qualcosa o giocando con i miei animali.
    Che fase sarebbe questa?
    La saluto cordialmente
    Simona

    1. Author

      Gentile Simona,
      la popolare teoria delle cinque fasi fornisce un riferimento per ordinare delle reazioni o modalità possibili nel corso dell’elaborazione del lutto. Come specificato nell’articolo non va interpretata alla lettera come un rigido schema. Può non esserci un ordine costante, nè si deve per forza passare attraverso tutte le fasi. Non può ridurre inoltre la complessità delle dinamiche che un lutto attiva.
      Detto ciò, rispondendo in linea generica e senza riferirmi specificatamente al suo caso di cui non conosco la storia nè lei, da ciò che descrive direi che i sintomi che descrive si accostando a quelli di una fase depressiva – del tutto coerente con la perdita.
      Se quello che prova la preoccupa o non la fa sentire bene, si rivolga ad un professionista per una valutazione coerente e ricevere risposte e sostegno adeguate.

  5. Le fasi di elaborazione del lutto sono tassative???? Perchè ho 35 anni, ho perso papà x improvviso arresto cardiaco 3giorni dopo la prima chemio di mamma ed ho seguito mamma, da sola, nella malattia fino alla fine facendo il possibile ed oltre (tutto in 1 anno).Avevo lasciato il lavoro, ora mi trovo a ripartire da zero ma non ho sensi di colpa, non ho avuto fase di negazione/rifiuto, nè rabbia (perchè è stato fatto tutto il possibile ed eravamo molto legati),pure la fase di negoziazione non credo di averla passata, perchè so che la morte arriva per chi prima e per chi dopo.Ora cerco di non andare in depressione nei momenti di “ricordi” e di solitudine cercando di andare in palestra mangiando bene ed evitando alcool,droghe e relazioni sbagliate x colmare il vuoto, ho ricominciato a studiare x affrontare concorsi per trovare un lavoro e provo ad affrontare le cose con leggerezza.Spero di essere già nella fase di accettazione, ma secondo lei è possibile un salto di fasi o una diversa percezione di esse? La Ringrazio anticipatamente

    1. Author

      Gentile Vale,
      come specificato anche nell’articolo, le fasi del lutto possono non seguire l’ordine indicato nè presentarsi necessariamente tutte.
      Bisogna tenere presente che le teorie psicologiche servono a guidare ed orientare la conoscenza sui diversi processi che articolano il funzionamento mentale. Nel rispetto di ogni storia individuale e complessità umana, esse vanno poi applicate al singolo e variano da persona a persona. Ognuno segue ed elabora a seconda delle proprie risorse e non esistono passaggi obbligati.

  6. Ho letto l’articolo e alcune fasi le sto vivendo in questo momento. Ho perso mio padre 2 settimane fa (lo scrivo ma ancora non ci credo) e oltre i primi due giorni di totale disperazione e lacrime ho passato 12 giorni come se nulla fosse successo. Tanto che una mia amica mi chiese: “Ma tu come fai a reagire così davanti ad una perdita così importante, mentre io che mi sono appena lasciata dal mio ragazzo non smetto di piangere?”
    Ragionando …ho capito che ero nella fase di negazione.
    Adesso sto realizzando cos’è successo e piango come il primo giorno che l’ho saputo.
    Per quanto riguarda le altre fasi …Rabbia ecc. secondo me, dipendono dal rapporto che hai avuto con la persona che hai perso, se hai rimorsi e rimpianti, se non sei riuscito a dirgli delle cose importanti, se questa persona ti ha fatto soffrire ma perderla è una cosa impensabile…
    Mentre per quanto riguarda la cultura… Io sono albanese…. Noi abbiamo un modo straziante di elaborare il lutto, ma che a lungo termine ti fa solo del bene. Sembrano delle pratiche psicologiche che ti aiutano a sopportare e superare il dolore. Per almeno 7 giorni hai la casa aperta, piena di parenti e si parla solo della persona che non c’è più. Con le persone più vicine si spiega e si rispiega l accaduto …dove stavi quando è successo ecc.
    Serve una tesi di laurea sulle pratiche albanesi del lutto 🙂
    Ogni cultura ha il proprio modo di vivere la perdita di una persona cara e sono questi riti che aiutano ad accettare e lasciar andare la persona che non c’è più.

    1. Author

      Gentile Laura,
      grazie per questa preziosa testimonianza. Ha perfettamente ragione, la cultura e le tradizioni di ogni popolo hanno tutte rituali precisi più o meno elaborati che aiutano a curare il dolore della perdita ed elebarorare il concetto della morte, da sempre grande incognita dell’esistenza.
      Trovo l’usanza albanese che descrive molto bella e terapeutica. Il racconto e la condivisione delle esperienze soprattutto di perdita sono fondamentali processi per il superamento del lutto e del dolore.

  7. ho letto solo oggi, grazie è molto bello.ho perso mia madre meno di un mese fa

  8. Ho letto con attenzione i 5 passaggi. non capisco se debbano essere tutti obbligatori per l accettazione oppure no,
    Ho passato la fase della negazione della negoziazione, ma se non ho giornate interamente programmate subentra una forte depressione,
    Mi hanno suggerito dei fiori di bach (all inizio il rimedio d emergenza è stato molto efficace) ma ora che me ne è stato fatto uno personalizzato mi sta uscendo una rabbia immotivata verso persone, compresa aggressività- Non so se sia utile al processo, grazie se vorrete rispondermi,

    1. Author

      Gentile Alessandra,
      come scritto nell’articolo, che illustra la teoria delle cinque fasi, è certamente indicativo e non obbligatorio che si palesino tutte quante durante l’elaborazione di un lutto. La mente e la sua naturale predisposizione alla cura reagisce sempre seguendo le risorse peculiari di ciascuno di noi, che sono comunque sempre soggettive. Il lutto ha dei tempi lunghi e complessi per venire smaltito e non c’è bisogno di preoccuparsi di sentire emozioni forti, a volte contrastanti. Può essere spiacevole naturalmente, ma di certo non innaturale.

  9. Molto interessante davvero.Grazie ho apprezzato.Con piacevole sorpresa apprendo che non è detto che le 5 fasi del lutto siano passaggi obbligati per ogni individuo tanto più se si tiene in doverosa considerazione l’appartenenza culturale. Sarebbe interessante approfondire la tematica :in particolar modo m’incuriosisce come altre culture vivono il lutto.
    Ho prestato assistenza ad un vicino di casa anziano negli ultimi momenti del suo percorso terreno senza però una piena consapevolezza e tanto meno pronta alla sua imminente e inaspettato decesso.Mi chiedo a che punto sono nell’ elaborazione del lutto.( credo alla negazione)Ma mi chiedo soprattutto se e come sia possibile prepararsi alla morte ( di un assistito ondi un anziano genitore, piuttosto che di un fratello, amico,…) ho letto qualcosa sulla teoria del non attaccamento. Cosa propone la psicologia in merito?
    Ringrazio con cordialità
    Rosa

    1. Author

      Gentile Rosa,
      grazie per le sue parole in merito all’articolo.
      La letteratura in merito alla perdita, il lutto e alla sua elaborazione in psicologia è molto vasta. Può sicuramente fare una ricerca e trovare le fonti che le sembrano più utili sulla base degli aspetti specifici che intende approfondire.

  10. Da alcuni anni sono venute a mancare molte persone, intendo genitori e familiari, conoscenti, cantanti e personaggi pubblici che hanno accompagnato e significato la mia vita, ed ora a 60 anni molte volte al giorno mi trovo a ragionare sull’inutilità dell’azione che sto compiendo, in vista del principio di assolutezza e della successiva morte, ovvero a fantasticare sul periodo di tempo che mi separa dalla mia personale “mancanza”, istituendo una sorta di ragionevole conto alla rovescia, e davvero ad interrogarmi sull’effettiva possibilità di ritrovare tutte
    quelle persone venute a mancare ( ed attualmente per me “mancanti”) una volta venuta a mancare IO STESSA…. come comunemente si dice… ed in effetti credendoci… “ma allora sarebbe il caso di mancare fin
    da subito !… tanto qua non c’è più nessuno !”.

    1. Author

      Gentile Fiorella,
      nell’elaborazione della perdita ci si trova a congetturare spesso su queste tematiche, a confrontarsi con la nostalgia e il desiderio di ricongiungimento, quando anche con la solitudine che spesso ne deriva. E’ anzi importante e naturale porsi queste domande, che per loro natura non hanno risposta certa e aprono stimolanti dubbi e sfide alla nostra mente. Importante è non caderne preda, nel tentativo distorto di risolverle in modo definitivo, dimenticando così che il senso più profondo dell’elaborazione di ogni lutto risiede nell’accettazione di esso e nel proseguimento di un progetto di vita a suo seguito.

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